Rosarno: la denuncia di Michele
Chilometri e chilometri di uliveti e frutteti. Spazi ampi e incontrollati, dove spesso i pastori appiccano incendi a orologeria.
Siamo a due passi da Rosarno (Reggio Calabria) e Michele, su un appezzamento di 10 ettari, ha aperto una fattoria didattica.
Ha un piccolo frantoio e il suo socio produce anche miele. Michele tiene la schiena dritta in una realtà, Rosarno, nota non solo per le condizioni di schiavismo a cui sono costretti gli immigrati negli uliveti, ma anche per le ruberie e la tracotanza di agricoltori in odore di ‘ndrangheta.
“In tanti – spiega – in questi anni hanno fatto carte false per arraffare i contributi europei”.
E’ un fenomeno piuttosto diffuso anche in altre realtà, ma qui appare una regola, più che un’eccezione. Volendo semplificare funziona così: prendi i fondi perché hai un tot di terreni su cui seminare e produrre.
Ma in realtà fai man bassa dei contributi, intaschi e non produci.
Così in molti “comprano auto nuove e vivono nel lusso”, racconta Michele, che aggiunge: “Alcuni produttori della zona mi prendono in giro perché io continuo a ‘faticare’ nella terra.
Dicono che con tutti i fondi europei che arrivano ormai non conviene più salire sul trattore e darsi troppo da fare”.
Già, perché, a quanto pare, in questa terra inquinata di malaffare nessuno controlla se l’agricoltore abbia davvero prodotto sui terreni per cui ha ricevuto il contributo, o meno.
Una ‘cresta’ da milioni di euro. Si chiamerebbe ‘truffa all’Unione europea’.
Ma in una realtà fatta di connivenze, dove i controllori spesso tendono a chiudere un occhio per evitare impicci, ognuno fa che vuole. Chi tira avanti con la schiena dritta è una mosca bianca.
Il far west è servito.
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